1967 - Martini: L' Italian Life Style è un cocktail

Uno dei momenti più rappresentativi del life style italiano, l’aperitivo, – prima che vecchie carampane e vegliardi travestiti da ragazzini affollassero i bar sporcandolo con aberranti neologismi tipo “apericena” e ordinando cocktails dai nomi esterofili – aveva un solo nome: Martini.
Un nome che, in giro per il mondo, continua a rimanere per le persone di una certa classe.

Martini infatti, in oltre 40 anni di storia pubblicitaria, ha fatto della comunicazione il suo fil rouge prioritario imponendosi come marchio internazionalmente riconosciuto, e registrando ad oggi 6 milioni di drink consumati in almeno 30 paesi diversi.

Se in Italia ha saputo cogliere abitudini e virtù di questo popolo, nel mondo ha saputo trasmettere l’italianità stessa, intesa come eleganza, socialità, bellezza, successo e stile… diventando a tutti gli effetti, i punti forti del suo brand values.

Forte quindi di una comunicazione sviluppata, sempre in estrema coerenza, a costruire un immagine di alto profilo ma accessibile a tutti, Martini è riuscita a collocarsi in una posizione extracommerciale, diventando un vero e proprio status.

È stata antesignana nel saper promuovere la marca con la presenza fissa di testimonial celebri della cultura, sport e spettacolo, all’apice della loro carriera: già dagli anni ’30a partire dal grande Tazio Nuvolari, passando per gli anni ’70, dove Paolo Villaggio testimonial televisivo, racconta storie che nascono da sogni proibiti, e Ornella Vanoni canta il jingle che arriva fino agli anni ’80.

Non bisogna scordare le sponsorizzazioni sportive e i team appositamente costruiti per gare e trofei (una su tutte quella dei rally) nonché la creazione, nell’ambito del diverimento serale, delle famose Terrazze Martini degli anni ’60: sedi esclusive affacciate sulle più belle città del mondo. La piu famosa rimane quella di Milano al 15° piano del “grattacielo”, progettato dall’architetto Luigi Mattioni, in Piazza Diaz: luogo protagonista di presentazioni di anteprime di film come “La Dolce Vita” di Fellini, “La notte” di Antonioni e “L’ultimo metrò” di Truffaut, nonché cornice esclusiva degli aperitivi della “Milano da bere” degli anni ’80.

Ultimo ma non ultimo, la Martini fu la prima a brandizzare oggetti per hotel e ristoranti, come il famosissimo posacenere diventato ricercato oggetto da collezione.

Nelle pubblicità raccolte in quest’articolo, vediamo l’evoluzione e il messaggio del brand in base agli anni: da quelli di avanguardia grafica dei primissimi ’60 disegnati da Casorati, a quelli di timida emancipazione femminile, protagonisti di quella fine decade, quelli ammiccanti e di libertà tipici degli ’70, fino a quelli lussuosi e “yuppistici” degli ’80.





1962 - Star: L'emancipazione della donna italiana parte dal ragù.

L’anno era il 1962: in Inghilterra esce “Please me Please” dei Beatles, mentre in Italia, da una fabbrica di produzione, viene fuori la prima lattina di sugo pronto GranRagù Star.

Il sessantotto era relativamente vicino e una “brava ragazza” per essere presa in moglie doveva ancora rappresentare la “donna tutta casa” e, per servire al meglio il marito, possedere come requisito principale il saper cucinare.

In un periodo storico dove la cucina era – e doveva essere – fatta in casa, e la moglie essere “la regina dei fornelli”, il lancio di un ragù in scatola (non in vetro, ma in lattina, senza poterne vedere il contenuto) rappresentava una vera e propria rivoluzione. Il ragù poi era il re incontrastato dei condimenti italiani, seppur fatto in modo diverso, da Nord a Sud!

Nella prima geniale reclame stampa, alla domanda rivolta al consorte “cosa desidera il signor marito per pranzo?”, la brava mogliettina nasconde prontamente la lattina alle spalle, condividendo il suo segreto esclusivamente con i lettori della pubblicazione.

Un piccolo gesto di ribellione che parte dal ragù, preannunciando la nuova percezione di sé della donna italiana, che iniziava a svilupparsi in quegli anni.

Nella seconda reclame del 1963,  i creativi dell’epoca oltre che con il segreto dell’uso del ragù giocarono anche segreto culinario del condimento – anzi i tre segreti del GranRagù Star – che rendevano il prodotto così buono: la carne magrissima, la precisa dosatura di 10 ingredienti e il tempo lungo di cottura.

Il massiccio investimento pubblicitario della STAR per il lancio del prodotto riuscì a convincere il pubblico femminile e a superare radicate barriere culturali. Non più la donna casalinga che dice “l’ho fatto io” ma quella che afferma “l’ho scelto io”, dando a quest’ultima la possibilità di “scegliere” in quanto donna, appunto.

La scommessa lanciata da Danilo Fossati, l’ideatore del prodotto e “il signor Star” come lo chiamavano tutti, fu vinta. Il ragù in scatola si diffuse rapidamente nelle case degli italiani anche grazie alla capillare rete di distribuzione, ottenendo degli ottimi risultati di vendita.

Ancora oggi nel mercato dei condimenti pronti, la STAR detiene il 50% del segmento rendendola leader assoluta. 

Curiosità

Oggi la Star produce circa 700 milioni di lattine per il mercato mondiale.
Messe l’una sull’altra si otterrebbe una colonna di gran lunga più alta dell’EVEREST.